L’esperienza ci conferma che anche nell’apprendimento del nuoto la strada migliore, più completa, autentica e coerente, passa dalla pratica. L’azione permette la comprensione immediata di ciò che prima, durante la spiegazione ad esempio, sembrava incomprensibile, inconsueto, strano, confuso: agendo, tutto diventa chiaro ed evidente, tutto si libera, fluisce, si semplifica.
Ci siamo chiesti spesso: è così necessario comprendere cognitivamente un gesto motorio? In fondo chi riesce a compierlo è sempre migliore di chi non riesce, chi fallisce nel tentativo di riuscire è sempre migliore di chi evita di mettersi alla prova. In questo senso la conoscenza senza l’azione è inutile!
Il “Metodo Catteau” (*1), che ispira la nostra scuola nuoto, ha il proprio perno in una didattica di tipo attivo, fondata sulla scoperta guidata: l’insegnamento del nuoto non avviene prevalentemente attraverso spiegazioni verbali, ma attraverso la sperimentazione prassica scandita da obiettivi e azioni tra loro collegati. Inizialmente, l’istruttore dovrà fornire all’allievo le nozioni tecniche del “proiettile” e della “propulsione”, i due movimenti da cui si generano tutti gli stili e tutte le tecniche natatorie. Successivamente, lascerà spazio all’allievo, affinché possa sperimentare liberamente, limitandosi ad indicare alcuni obiettivi da raggiungere. Toccherà dunque al singolo nuotatore sperimentarsi e capire il movimento più adatto per raggiungere lo scopo prefissato: ricevuto lo stimolo, dovrà trovare e sperimentare le migliori azioni per realizzare l’obiettivo individuato dall’istruttore. Attraverso questa esperienza l’allievo vivrà la possibilità di sperimentare il proprio corpo, di capire attraverso le proprie azioni qual è il movimento migliore e di interiorizzare consapevolmente quanto imparato.
Ogni allievo può imparare più velocemente e più proficuamente se è incuriosito dal maestro, se viene sollecitato non tanto ad obbedire quanto a diventare “attivo”, se vive tutte queste esperienze in un gruppo. Ciò non significa che gli allievi debbano improvvisare e imparare da sé. Serve un metodo che predisponga una serie di tappe e un ordine dei temi dell’apprendimento natatorio. Attraverso il metodo attivo non si vuole abbandonare l’allievo davanti alla complessità di una attività, ma si vuole affidare all’educatore un ruolo più difficile ed arduo: quello di guidare il discente in questa complessa esperienza. Il problema fondamentale del nuoto è il passaggio da una organizzazione locomotrice terrestre ad una acquatica. L’uomo non ha sviluppato le caratteristiche anatomiche degli animali che vivono abitualmente in acqua. Non ha le pinne, non ha la coda, non ha le branchie. Il suo corpo è stato fatto e si è evoluto per camminare e correre sulla terra, dove passa tutto il suo tempo. Quando entra in acqua, per andare da qualche parte cerca di conservare i comportamenti costruiti sulla terra, anche se questi sono inadatti a nuotare. L’adattamento più evidente è il passaggio da una postura eretta ad una orizzontale. Questo passo mette poi in discussione anche tutti gli altri elementi della deambulazione.
L’uomo immerso nel liquido, per diventare nuotatore, deve riorganizzare la sua locomozione per risolvere due problemi contraddittori:
– Come ridurre la resistenza dell’acqua che frena il proprio corpo che avanza?
– Come può sfruttare la resistenza dell’acqua grazie alla quale sviluppa le proprie azioni propulsive?
Si nuota grazie e nonostante la resistenza dell’acqua. Non sarebbe possibile per l’uomo nuotare se non fosse capace di servirsi dell’elevata resistenza dell’acqua per mezzo delle sue superfici propulsive: le mani e gli avambracci.
(*1) Catteau R., Il nuoto di domani. Una pedagogia dell’azione, a cura di Antonini M., Trad. it. Salvadori G., Macerata: Edizioni Simple, 2013.